Il business moderno, sempre più globale e dinamico, richiede alla base infrastrutture It flessibili e velocità nell’abilitare nuovi servizi applicativi. Il cloud computing - nelle forme hybrid, public o private - si rivela la chiave di volta (se non addirittura la via obbligata) per supportare la trasformazione dell’impresa verso modelli organizzativi più agili e vincenti basati sulla tecnologia.
Questo articolo si rivolge a quanti in azienda si occupano di innovazione digitale per chiarire quale tipologia di nuvola scegliere in base ai criteri di sicurezza, flessibilità e costo.
Cloud in crescita in Italia e nel mondo
Il cloud computing offre alle organizzazioni di qualsiasi dimensione e settore, una serie di vantaggi che spaziano dalla scalabilità delle risorse al pagamento basato sul consumo effettivo. Dopo le reticenze iniziali, dovute soprattutto ai dubbi sulla sicurezza, il nuovo paradigma ha raggiunto oggi la piena maturità di adozione.
Secondo le statistiche riportate da Forbes, quasi l’83% dei workload, indipendentemente dalle dimensioni e dalla criticità, risiederà nel cloud. Report Linker sostiene che il mercato globale della nuvola raggiungerà i 623,3 miliardi di dollari nel 2023, con un tasso annuo di crescita composto (Cagr) del 18%, misurato a partire dal 2018. Il Politecnico di Milano stimava nel 2019 una crescita del cloud italiano pari al 18% rispetto all’anno precedente, per un giro d’affari complessivo di 2,7 miliardi di euro. Trend rispecchiato anche dall’apertura della prima Regione AWS italiana, con sede a Milano.
Sono numeri che andranno necessariamente rivisti a causa dell’emergenza Coronavirus (con la recessione globale, è inevitabile una contrazione dei budget tecnologici), ma segnalano la svolta ormai decisiva delle aziende verso la nuvola come modello ottimale di gestione e fruizione It. Non si dimentichi che il cloud rappresenta inoltre il substrato per abilitare le applicazioni di Smart Working, una modalità lavorativa obbligatoria in tempi di pandemia ma comunque sempre più richiesta anche in futuro.
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Cloud ibrido, pubblico e privato: cosa sono?
La nuvola insomma è una scelta necessaria per cogliere appieno le promesse della trasformazione digitale, ma va oculatamente ponderata soprattutto considerando le diverse opzioni possibili. Prima di andare a valutare quale potrebbe essere la soluzione più adatta al contesto aziendale specifico, è utile una chiarificazione di termini: cosa si intende esattamente per cloud ibrido, pubblico e privato?
Citando la definizione del Nist (National Institute for Standards and Technology), il cloud computing è un modello che permette di accedere attraverso la rete a un insieme di risorse Ict condivise (server, storage, network, piattaforme, applicazioni), in modalità on-demand e da qualsiasi postazione.
- Con questa premessa comune, il cloud privato prevede che l’infrastruttura da cui vengono erogati gli asset sia riservata a una singola azienda (o gruppo), che ne detiene il controllo oppure ne affida la gestione a un fornitore. Inizialmente la nuvola privata era concepita in modalità on-premise, quindi all’interno del datacenter aziendale, ma oggi è intesa più tipicamente nell’accezione di Virtual & Hosted Private Cloud, con le risorse che risiedono nel datacenter del fornitore e vengono quindi distribuite da remoto.
- Con il cloud pubblico invece il provider rende accessibili soluzioni hardware e software tramite Internet a partire da un’infrastruttura di proprietà e da risorse condivise da più utenti. Tra i maggiori fornitori di cloud pubblico figurano Amazon Web Services (AWS), Microsoft Azure, Google Cloud Platform e Alibaba Cloud.
- Il cloud ibrido infine combina almeno due nuvole diverse (pubbliche e/o private), creando un ambiente integrato dove le applicazione possono spostarsi agilmente da un sistema all’altro e le risorse sono coordinate centralmente da apposite piattaforme di gestione e orchestrazione.
Chiariti i termini, è ora possibile mettere a confronto i tre modelli di cloud computing valutando vantaggi e limiti su tre criteri fondamentali: sicurezza, flessibilità e costi.
Sicurezza del cloud: attenzione a compliance e responsabilità
La sicurezza rappresenta da sempre la principale barriera all’adozione del cloud. Il nuovo paradigma It comporta infatti un importante cambiamento organizzativo e culturale: spostare gli asset informativi aziendali su un datacenter di terze parti significa in un certo senso perderne il controllo.
Per contro, le economie di scala e la potenza di fuoco dei grandi cloud provider riescono a garantire misure di protezione maggiori rispetto alle possibilità di qualsiasi azienda. Bisogna comunque essere attenti nel definire contrattualmente la suddivisione di responsabilità tra fornitore e azienda in relazione ai diversi strati di sicurezza (infrastrutture, informazioni e così via).
Analizzando le tre tipologie di cloud - private, public e hybrid -, sotto il profilo della sicurezza, emergono alcune considerazioni:
- Grazie all’ambiente dedicato e disegnato secondo i requisiti aziendali, il cloud privato assicura i massimi livelli protezione, garantendo l’accessibilità delle risorse soltanto alla singola organizzazione utente. Inoltre, offre la possibilità di aggiungere e configurare livelli di sicurezza personalizzati.
- Il cloud pubblico invece obbliga a qualche accortezza aggiuntiva in fase di selezione del provider, che deve assicurare una corretta manutenzione delle infrastrutture per assicurare la sicurezza dei dati e fornire garanzie di compliance normativa (ad esempio, un datacenter ubicato fuori dall’Europa potrebbe non rispettare la conformità alle regolamentazioni comunitarie in materia di privacy e tutela delle informazioni sensibili). Proprio per garantire tali parametri, diversi public provider stanno aprendo regioni sempre più vicine territorialmente: un esempio su tutti è la già citata Regione AWS a Milano.
- Il cloud ibrido fornisce un compromesso: le nuvole private possono essere utilizzate per ospitare i workload che impiegano dati sensibili o particolarmente critici, mentre il ricorso al modello pubblico può essere perseguito qualora conveniente per le informazioni a rischio minore.
Flessibilità, il vero vantaggio del cloud
La flessibilità infrastrutturale, la scalabilità delle risorse, la velocità di deployment sono tra i principali benefici della nuvola, che restituisce così l’agilità necessaria al business digitale. In virtù di tali caratteristiche, il cloud computing ha anche il merito di favorire la pratica di metodologie DevOps, che permettono di accorciare i cicli di progettazione, distribuzione e manutenzione applicativa grazie alla stretta collaborazione tra sviluppatori e Operations.
- Sotto il profilo dell’elasticità, il private cloud è la formula che presenta più limiti. Deve essere progettato e dimensionato considerando l’eventualità di alti picchi e volumi di carico, altrimenti la capacità di scalare rapidamente, qualora necessario, risulterebbe compromessa o molto limitata.
- Il public cloud invece assicura alti livelli di flessibilità, nonché la capacità di sostenere workload imprevedibili con l’aggiunta di risorse pressoché immediata.
- Il cloud ibrido infine consente di ottenere la scalabilità del modello pubblico nelle situazioni di necessità e per le applicazioni soggette a picchi. Aggiunge inoltre un ulteriore elemento di flessibilità permettendo di spostare agilmente i carichi di lavoro da un ambiente all’altro secondo convenienza.
Costi del cloud, falsi miti e cosa c’è da sapere
La riduzione dei costi è stato il primo beneficio che le aziende hanno cercato di ottenere attraverso l’adozione del cloud. Ricorrendo alla nuvola, le aziende hanno la possibilità di tagliare sulle spese di gestione dell’infrastruttura fisica e sul personale dedicato, beneficiando inoltre della continuità operativa garantita dai provider (nessuna interruzione significa eliminare inefficienze e perdite). Tuttavia, i vantaggi economici vanno valutati sul medio-lungo periodo e la scelta del modello di implementazione è fondamentale per ottenere i risparmi auspicati.
- Il private cloud conviene alle grandi organizzazioni per gestire carichi di lavoro elevati. Il pagamento a consumo tipico del modello pubblico potrebbe risultare diseconomico per i grandi volumi e comunque riservare brutte sorprese se le esigenze aziendali crescono stabilmente nel tempo.
- Il public cloud predilige infatti l’approccio pay-as-you-go: le aziende pagano solo le risorse che utilizzano effettivamente, eliminando i gravosi investimenti iniziali e qualsiasi spesa di manutenzione, quindi convertendo i Capex in Opex. Tuttavia, il costo potrebbe lievitare per le aziende che devono gestire grandi volumi di dati e necessitano di particolari requisiti infrastrutturali.
- L’hybrid cloud ancora una volta permette di utilizzare i vantaggi delle due modalità, ma potrebbe causare problemi dal punto di vista della gestione (spesso mancano competenze specifiche) con il rischio di non ottimizzare le risorse e non ottenere efficienza.
Hybrid, public, private: quale cloud scegliere?
Alla luce di quanto descritto, come è possibile capire quale modello di implementazione cloud è più adatto alle esigenze aziendali?
Ecco una semplice sintesi che può aiutare nella selezione.
Private Cloud
Il private cloud è indicato per le organizzazioni pubbliche o private che necessitano di un ambiente estremamente sicuro per gestire informazioni riservate oppure che hanno esigenze di personalizzazione (ad esempio, particolari specifiche hardware, configurazioni o livelli di protezione aggiuntivi, anche per rispettare vincoli di compliance legati al settore e alla tipologia di dati trattati).
Ovviamente le aziende che scelgono il cloud privato devono garantire una minima capacità di investimento iniziale. Alcune grandi aziende scelgono il private cloud nel caso debbano gestire volumi di dati e carichi di lavoro particolarmente elevati, per contenere i costi esosi generati dall’alternativa del modello pubblico.
Tra le grandi aziende che hanno creduto nel modello private, il colosso dell’energia Eni è stato tra i pionieri italiani, consolidando all’interno di un unico datacenter di gruppo tutte le infrastrutture sparpagliate in Italia e nel mondo; da qui le risorse It vengono distribuite in ottica as-a-service a tutte le filiali. L’iniziativa risale al 2012.
Public Cloud
Il cloud pubblico invece risulta il più idoneo per le organizzazioni che hanno un numero di utenti variabile e picchi di richieste periodici o imprevedibili, quindi con necessità computazionali mutevoli e da soddisfare tempestivamente. Si pensi ad esempio ai portali di e-commerce che devono sostenere l’esplosione di accessi e ordini durante i black-friday o le festività natalizie. Il cloud pubblico si presta anche per le aziende che hanno bisogno di un ambiente di sviluppo completo per testare le proprie applicazioni (si tratta delle soluzioni denominate Platform-as-a-Service).
Per citare un esempio tra i big player che hanno scelto la nuvola pubblica, General Electric ha spostato quasi tutte le applicazioni (a uso interno e dirette ai clienti) sui cloud di Aws e Microsoft. Rimangono sui datacenter aziendali le soluzioni sensibili alle normative federali, con l’obiettivo di una futura migrazione appena ci sarà un adeguamento normativo.
Hybrid Cloud
L’hybrid cloud è il modello che andrà ad affermarsi maggiormente nei prossimi anni, perché consente di gestire molteplici carichi di lavoro con agilità, assicurando per ciascuna applicazione performance computazionali e requisiti di sicurezza ottimali. Tuttavia le aziende dovranno attrezzarsi adeguatamente perché gli ambienti siano pienamente interoperabili, garantendo la portabilità di dati e applicazioni; servono quindi skill adeguate, strumenti di orchestrazione, nonché il supporto di un partner esperto e referenziato. La nuvola ibrida (in particolare nella forma multi-cloud, quindi con l’unione di servizi offerti da più vendor) è particolarmente indicata in situazioni di internazionalizzazione del business, per supportare l’espansione aziendale oltre i confini nazionali e regionali.
Ad esempio, la multinazionale chimico-farmaceutica Zambon ha consolidato in cloud la piattaforma di gestione per il proprio ecosistema di siti, sfruttando Google Cloud Platform per l’Occidente e Alibaba Cloud per l’Oriente. Esperienza simile anche per Caleffi Hydronic Solutions che ha rafforzato la propria presenza sul mercato cinese appoggiandosi alle soluzioni del provider di Hangzhou in affiancamento alla nuvola di Big G.
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