Infografica spiega servizi Cloud

Cloud e Cloud Native: due concetti spesso affiancati, ma con ruoli e impatti diversi nella trasformazione digitale. Questa guida ti accompagna tra principi, sfide ed esempi pratici, per aiutarti a distinguere dove arriva il Cloud, dove inizia il Cloud Native e quali nuove opportunità si aprono con la sua adozione in azienda. 

Cosa significa fare Cloud Transformation oggi?  

La chiave di volta sta nell’adozione del Cloud Computing e di un approccio Cloud Native, ovvero di due dei tre motori della Digital Trasformation. Sempre più aziende modernizzano applicazioni esistenti o ne costruiscono di nuove compatibili con il cloud, esplorando in particolare le cloud native applications. Il problema nasce quando i due concetti vengono confusi o usati come sinonimi: in realtà hanno scopi, impatti organizzativi e risultati molto diversi. Facciamo chiarezza su questi due pilastri della Cloud Transformation. 

Che cos'è il Cloud Computing? 

Secondo il Nist, il Cloud Computing è un insieme di servizi informatici accessibili in modalità on-demand e self-service attraverso Internet, basati su risorse condivise, caratterizzati dalla capacità di scalare molto rapidamente e dalla misura puntuale dei livelli di performance in modo tale da poter pagare in base al consumo. 

In altre parole, il cloud è infrastruttura + servizi (server, rete, database, applicativi) erogati via Internet con scalabilità e flessibilità. Gli esempi più noti di piattaforme che erogano servizi Cloud sono Amazon Web Services (AWS), Google Cloud Platform e Azure di Microsoft. 

Cosa risolve (e cosa no) 

Il Cloud Computing, quindi, semplifica la vita delle aziende: velocizza il provisioning delle risorse, offre elasticità “on demand”, trasforma i costi in spese operative e dà accesso a servizi già pronti, gestiti dai provider. 
Ma attenzione: non basta spostarsi nel cloud per lasciarsi alle spalle il debito tecnico, sbloccare rilasci più rapidi o superare monoliti applicativi troppo rigidi. Per questi aspetti serve fare un passo in più, verso un vero approccio Cloud Native. 

Il futuro è Cloud Native, la tua azienda lo è?  Scopri nella nostra guida come iniziare il percorso

 

Che cos'è il Cloud Native? 

A differenza del Cloud Computing, Cloud Native è un approccio architetturale e organizzativo per progettare, creare ed eseguire software che sfrutti appieno il cloud: microservizi, container, CI/CD, orchestrazione (Kubernetes), pratiche DevOps. 

In parole semplici: il cloud è il “dove”; cloud native è il “come”. Spostare nel cloud senza cambiare modo di progettare/gestire il software di solito significa spostare i problemi (e i costi) da un data center a un altro. Ecco dove ci aiuta il Cloud Native. 

Come scrivono Pini Reznik, Jamie Dobson e Michelle Gienow nel loro libro Cloud Native Transformation: "In buona sostanza, Cloud Native è il nome di un determinato approccio alla progettazione, alla creazione e all'esecuzione di applicazioni (...) basata su una Infrastructure-as-a-Service combinata con nuovi strumenti operativi e servizi, come l'integrazione continua, i container e gli orchestratori". 

Del resto, oggi il modello Cloud Native è sempre più conosciuto e adottato, merito anche del lavoro della CNCF (Cloud Native Computing Foundation), un consorzio internazionale parte della Linux Foundation che raccoglie tutte le tecnologie riguardanti l'ecosistema Cloud Native. Più di 500 membri (tra cui SparkFabrik in qualità di Silver Partner) contribuiscono alla crescita di soluzioni open source come Kubernetes e alla diffusione nel mondo del paradigma Cloud Native. 

PER APPROFONDIRE 

Servizi Cloud e modello Cloud Native 

C’è sempre maggior familiarità con termini come IaaS, PaaS e SaaS. È ormai noto che i servizi basati sull'infrastruttura Cloud rappresentano una chiave di volta nella trasformazione digitale per via della semplicità d’uso e della flessibilità che offrono alle aziende, da quelle di ridotte dimensioni alle enterprise. Ma di cosa stiamo parlando? 

  • Infrastructure-as-a-Service: il provider fornisce un'infrastruttura di cloud computing, inclusi server, rete, sistemi operativi e storage, attraverso la tecnologia di virtualizzazione. Il principale vantaggio? L’azienda può usufruire delle stesse tecnologie e funzionalità di un data center tradizionale senza doverle manutenere o gestire fisicamente. Come esempi di soluzione IaaS possiamo citare Amazon Web Services (AWS), Microsoft Azure e Google Compute Engine (GCE). 
  • Platform-as-a-Service: soluzione ibrida tra IaaS e SaaS, prevede che il provider metta a disposizione la piattaforma per la creazione del software. Questa soluzione dà ai developer la libertà di concentrarsi sullo sviluppo del software senza doversi preoccupare di sistemi operativi, aggiornamenti software, storage o infrastruttura. Alcuni esempi di PaaS? AWS Elastic Beanstalk, Windows Azure, Google App Engine e Openshift. 
  • Software-as-a-Service: il provider mette a disposizione l’intera applicazione via web e per poterla utilizzare non serve saper scrivere codice. Per capirci meglio, sono esempi di SaaS servizi come Gmail, Google Docs, Salesforce, Dropbox, Microsoft Office 365, iCloud: tutti programmi accessibili tramite internet gratuitamente o previo acquisto di una licenza, senza necessità di scaricare e installare alcun file. 

Il vantaggio del Cloud Computing è quello di fornire servizi a richiesta pagando solo per quello che si usa e capaci di scalare in modo praticamente istantaneo. Quello che serve per poterli usare nella maniera più efficace (e questo è il ruolo del Cloud Native) è assemblarli con l'architettura giusta per le esigenze di ogni singola azienda e caso d'uso. 

Percorsi di modernizzazione (le “6R”, versione pragmatica) 

Fin qui abbiamo chiarito cos’è il Cloud (insieme di servizi) e cos’è il Cloud Native (come progetti e gestisci il software). 
Ma quando guardi il tuo parco applicativo reale, questa distinzione non basta: per ogni applicazione devi decidere se spostarla così com’è, modificarla, riscriverla o sostituirla. 
Le 6R sono proprio il framework operativo usato dal settore per trasformare i principi in scelte pratiche, bilanciando benefici, tempi, rischi e costi senza fermare il business. In sostanza, le R rappresentano 6 diversi approcci che anche noi in SparkFabrik utilizziamo nei servizi di Cloud Migration e di Application Modernization, ovvero: 

  • Rehost (lift & shift): sposti l’app “as-is”. Veloce, benefici limitati. 
  • Replatform: passi a servizi gestiti (DB, storage, runtime). 
  • Refactor: cambi al codice per scalabilità/stabilità. 
  • Rearchitect: adozione microservizi/event-driven. 
  • Rebuild: riscrittura mirata di componenti critiche. 
  • Replace/Retire: sostituzione con SaaS o dismissione 

A questo punto la domanda è: ok, ma quando fare cosa? Spesso la soluzione può esssere graduale. Ad esempio, partire da rehost + replatform per quick win; poi refactor/rearchitect sulle parti ad alto impatto di business. Più avanti, dopo aver approfondito alcuni degli elementi imprescindibili di un’architettura Cloud Native, vedremo alcuni esempi pratici di modernizzazione in ottica cloud. 

Gli elementi di un’architettura Cloud Native 

Le architetture Cloud Native sono costruite utilizzando una serie di elementi imprescindibili di questo approccio progettuale. Vediamo quali sono. 

Microservizi 

I microservizi sono alla base dell'approccio architetturale per cui un applicativo viene realizzato suddividendolo nelle sue funzioni fondamentali, ognuna delle quali diventa un servizio di piccole dimensioni, indipendente dagli altri (o con interdipendenze minime) in termini di codice, implementazione e manutenzione. 

Questo porta al notevole vantaggio nello sviluppo evolutivo o nella manutenzione ordinaria del software così realizzato. Diventa infatti possibile avere team diversi occupati su microservizi distinti in modo indipendente e anche parallelamente, se necessario, senza che questo impatti sulla totalità del progetto. 

Containerizzazione 

I container sono una tecnologia nata come evoluzione naturale dell'idea di virtualizzazione tradizionale. Sfruttando la capacità del kernel di un sistema operativo, tipicamente Linux, di far coesistere più istanze isolate e autonome nello spazio utente, i container permettono di isolare una applicazione e tutte le sue dipendenze in un ambiente autonomo 

Questa architettura garantisce portabilità: i container possono essere eseguiti su qualsiasi tipo di piattaforma e server sia per lo sviluppo e test sia per la messa in produzione. Oggi l’utilizzo dei container è un vantaggio competitivo per molte aziende. 

DevOps 

È la filosofia di sviluppo che ha creato una vera rivoluzione nell'approccio alla creazione del software; DevOps combina lo sviluppo (Dev) con la parte di operazioni IT (Ops) seguendo la metodologia di sviluppo Agile 

Questo approccio permette di ridurre i tempi di sviluppo e fornire una messa in produzione continua e automatica, migliorando sensibilmente il time-to-market. Grazie a DevOps è possibile ottenere un'elevata qualità del software, con meno bug e più funzionalità. DevOps è un elemento irrinunciabile delle architetture Cloud Native. 

Automation 

L'automazione viene spesso sottovalutata, ma in realtà è un elemento fondamentale per le architetture Cloud Native. Sono due i principali vantaggi che si ottengono grazie a un’infrastruttura automatizzata: in primo luogo, diventa possibile ricavare più tempo per il lavoro di sviluppo effettivo. In secondo luogo, l'automazione rende possibile la gestione di ambienti complessi e diversificati e consente una rapida scalabilità. 

L’impatto positivo è tanto per il team Ops che per il team Dev. Il primo può dedicare molto meno tempo allo svolgimento di attività di supporto ripetitive e più tempo al miglioramento continuo del sistema. Il secondo riesce a velocizzare i tempi di modifica e ad eseguire test più rapidamente, ad esempio progettando efficienti pipeline di CI/CD. 

Orchestrazione 

Le applicazioni moderne si estendono su più microservizi containerizzati distribuiti su una serie di cloud pubblici e privati. Microservizi che vanno distribuiti, gestiti e scalati senza rinunciare mai alla disponibilità: un’operazione che genera, chiaramente, non poca complessità. È qui che entrano in gioco gli orchestratori di container come Kubernetes. 

Questo strumento permette di automatizzare e controllare una serie di attività che vanno dalla gestione dei container al provisioning automatico, dal bilanciamento dei carichi di lavoro attraverso l'infrastruttura alla possibilità di scalare rapidamente verso l'alto o il basso. Tutto ciò rende Kubernetes un ingranaggio indispensabile negli ambienti Cloud Native. 

LEGGI ANCHE: Cos’è Infrastructure as code e quali sono i vantaggi? 

Platform Engineering & SRE 

Per muoversi veloci senza perdere affidabilità servono due funzioni complementari. Il Platform Engineering abbassa il carico cognitivo dei team di prodotto offrendo una piattaforma interna (IDP) con percorsi standardizzati per creare, testare e rilasciare servizi. SRE, dal canto suo, definisce il livello di affidabilità atteso (SLO) e governa operatività e incidenti con metriche chiare. Insieme impostano guardrail tecnici e organizzativi: la platform rende facile “fare la cosa giusta”, lo SRE rende misurabile quando “è abbastanza sicuro” andare in produzione. In pratica, queste funzioni aiutano i team a lavorare meglio: la platform riduce la complessità tecnica e accelera i rilasci, mentre l’SRE assicura affidabilità e consapevolezza sulle metriche che davvero contano per il business. 
In breve: la platform fornisce template, CI/CD, IaC e GitOps già pronti; lo SRE stabilisce SLI/SLO, gestisce on-call e post-mortem blameless, e bilancia nuove feature e hardening tramite error budget. 

Gestione del cambiamento 

La trasformazione è socio-tecnica: non basta Kubernetes, per concretizzare l’approccio Cloud-Native: cambiano ruoli, responsabilità e rituali. In sintesi, il cambiamento non è solo tecnico, riguarda il modo in cui le persone collaborano, condividono responsabilità e decidono le priorità, allineando sviluppo e business sugli stessi obiettivi. I team di prodotto possiede il servizio end-to-end (dal codice alla produzione), la Platform li abilita con strumenti e standard condivisi, lo SRE custodisce l’affidabilità lungo il ciclo di vita. Product e business orientano le priorità tramite KPI comuni. 

Cosa cambia davvero: 

  • ownership chiara per servizio (KPI DORA + SLO come linguaggio comune); 
  • competenze mirate (container/K8s, IaC, GitOps, osservabilità, networking/service mesh, FinOps); 
  • enablement leggero: pairing, guide interne, change calendar e post-mortem senza colpe. 

FinOps 

Senza FinOps il cloud resta una black box di costi. FinOps rende visibile e governabile la spesa, collegandola al valore erogato: IT, Finance e business condividono la stessa “unità di misura” (costo per transazione/utente) e decidono quando ottimizzare e quando investire per scalare, senza rallentare i rilasci. In concreto, FinOps aiuta le aziende a parlare la stessa lingua tra IT e business e a decidere insieme dove investire non solo per spendere meno, ma per crescere e innovare. Sono tre le leve essenziali:  

  • attribuzione dei costi con tagging serio (showback/chargeback) e forecast;  
  • unit economics come metrica di verità (cost to serve per prodotto/servizio);  
  • guardrail in pipeline con policy cost-aware che prevengono deploy “cost-at-risk”. 

Esempi pratici di cloud modernization (3 snapshot sintetici)  

Abbiamo approfondito i paradigmi dell’approccio Cloud Native. Prima, avevamo visto alcuni possibili percorsi di modernizzazione cloud (ricordi le 6 R?). Proviamo ora a mettere insieme le due cose per capire come Cloud e Cloud Native possano lavorare insieme per un obiettivo comune. Vediamo come si traducono, nella pratica, alcune strategie di modernizzazione in tre snapshot. 

Caso 1: Retail omnicanale 

Un’importante realtà retail parte da un vecchio monolite ospitato su macchine virtuali e, per migliorare agilità e time-to-market, trasforma i servizi chiave (come catalogo e checkout) in microservizi distribuiti su Kubernetes. Al tempo stesso, i database vengono migrati su servizi gestiti cloud, e le funzionalità più strategiche subiscono un refactor specifico per supportare nuovi modelli di business. 

Risultato: L’infrastruttura guadagna in efficienza: il lead time per rilasciarsi accorcia da settimane a giorni, il tempo medio di ripristino si taglia fino al 70%, e il costo complessivo (total cost of ownership) si riduce di oltre un quarto, grazie ad autoscaling e ottimizzazione delle risorse. 

Caso 2: Servizi finanziari

Nel settore finance, la necessità di affidabilità e velocità porta a sostituire i vecchi batch notturni con una logica event-driven sempre attiva. Si adotta CI/CD con policy gate per validazione e SRE per definire le metriche di affidabilità; il tutto impostato per favorire rilascio continuo di nuove feature. 

Risultato: Cambia drasticamente il ritmo: deploy quadruplicati, tasso di errore sui cambi ridotto del 50%, e la delivery di nuove funzionalità diventa prevedibile e “a sprint”. 

Caso 3: Healthcare SaaS 

Un provider SaaS in ambito sanità deve muoversi rapidamente: prima esegue un rehost per uscire al più presto dal data center, poi replatforma storage e introduce una service mesh per garantire zero-downtime e resilienza. 

Risultato: L’uptime supera il 99,9%, i rollout canary riducono i rischi sugli aggiornamenti, e il team riesce a risparmiare su costi compute e storage anche il 25% in appena tre mesi, grazie alla gestione proattiva delle risorse. 

Dove sta andando il futuro del Cloud 

Il cloud non è una tecnologia statica, ma un ecosistema in continua evoluzione che si trasforma insieme alle esigenze delle imprese. Negli ultimi anni abbiamo assistito al consolidamento delle piattaforme IaaS, PaaS e SaaS. Oggi, invece, la spinta innovativa arriva da nuovi modelli che stanno ridisegnando il panorama.  

Tra i trend più rilevanti per il biennio 2024–2025 troviamo l’integrazione sempre più stretta tra Cloud e Intelligenza Artificiale, la crescita dell’Edge Computing come estensione distribuita delle architetture e la maturazione del paradigma Serverless, ormai adottato anche in contesti enterprise complessi.  

AI e Cloud: la nuova intelligenza del business 

Nel 2025 il cloud non è più solo infrastruttura: è diventato il motore integrato all’intelligenza artificiale. I servizi di AI-as-a-Service permettono alle aziende di integrare modelli di machine learning, automazione predittiva e sistemi di sicurezza intelligenti senza dover costruire competenze interne da zero. Questo connubio sta trasformando il cloud in un ecosistema cognitivo, capace di ottimizzare costi e performance in tempo reale, ma anche di abilitare nuovi modelli di business.

Non sorprende quindi che i principali hyperscaler stiano investendo miliardi per rafforzare la propria offerta AI: chi sceglie oggi un provider cloud sceglie in realtà anche il livello di “intelligenza” che potrà integrare nei propri processi aziendali (magari anche quelli potenziati da software di intelligenza artificiale realizzati insieme a partner come SparkFabrik). 

Serverless: dal codice al valore, senza infrastruttura 

Il serverless computing sta evolvendo da “sperimentazione per startup” a pilastro delle strategie enterprise. La promessa è semplice e potente: liberare i team di sviluppo dalla gestione dell’infrastruttura, permettendo loro di concentrarsi esclusivamente sul rilascio di funzionalità di business. Nel 2025, il serverless non è più solo “funzioni on demand”: si integra con orchestratori, strumenti di osservabilità avanzata e pratiche FinOps per rendere i costi prevedibili e allineati al valore prodotto.

Per molte aziende, serverless significa poter provare idee nuove senza rischiare troppo e con la libertà di poter scalare solo quando il business lo richiede davvero. In breve, il serverless rappresenta un cambio di paradigma culturale: non si misura più la potenza dei server, ma la velocità con cui un’idea diventa realtà operativa. 

LEGGI ANCHE:  Cloud Native Trends: le tendenze chiave per il futuro dell’IT 

Cloud Computing e Cloud Native: il binomio della trasformazione digitale 

In conclusione, sottolineiamo ancora una volta che l'evoluzione delle applicazioni aziendali verso il Cloud Computing con un'architettura Cloud Native richiede un cambiamento non solo delle tecnologie, ma anche dei processi e della cultura con la quale l'azienda lavora al software. Infatti, sono proprio questi gli ambiti su cui interveniamo nei Cloud Native Journey che proponiamo a aziende e team IT. 

Dopotutto, come scrivono gli autori di "Cloud Native Transformation", il Cloud Native «è un approccio filosofico per la creazione di applicazioni che sfruttano appieno il Cloud computing. Questo nuovo paradigma richiede non solo l'adozione di nuove tecnologie, ma anche un nuovo modo di lavorare, il che rende il Cloud Native un'impresa impegnativa. Ma il guadagno è immenso». 

Tra i vantaggi per l'azienda, c'è quello di mettere in piedi un meccanismo molto rapido per la creazione di nuove funzionalità del software. Così l’applicazione viene portata sul mercato più rapidamente, raccoglie subito il feedback degli utenti e può essere innovata e migliorata altrettanto velocemente, riducendo al contempo i rischi.  

Ricordiamo, infatti, che l’approccio Cloud Native abilita la possibilità di creare progetti molto complessi lavorando con piccoli team, ognuno dei quali si occupa di singole componenti autonome del progetto. Diventa quindi più facile ridurre la complessità e i colli di bottiglia, procedere rapidamente e al tempo stesso essere pronti a cambiare direzione all’individuazione di problemi, così come ripristinare le singole funzionalità se vengono identificati bug ed errori. 

guida cloud native per cio