Hybrid Cloud

La combinazione di soluzioni on premise e su cloud pubblico o privato permette di disegnare ambienti IT ottimali, con benefici in termini di flessibilità, prestazioni e costi. Ecco come e perché implementare l’hybrid cloud. 

L’hybrid cloud sta diventando il modello per la gestione dei sistemi informativi preferito dalle nuove aziende digitali. 

Secondo Mordor Intelligence, il mercato globale delle soluzioni ibride, stimato 52,16 miliardi di dollari nel 2020, raggiungerà un valore di 145 miliardi di dollari entro il 2026, con un tasso di crescita media annuale pari a 18,73% nel quinquennio 2021-2026. Secondo una recente ricerca dell ’Osservatorio Cloud Transformation del Politecnico di Milano, la previsione di Mordor Intelligence è stata addirittura superata in Italia. La componente Public & Hybrid Cloud, cioè l’insieme dei servizi forniti da provider esterni e l’interconnessione tra Cloud pubblici, privati e sistemi on premises, ha infatti registrato nel 2024 una crescita del 30% rispetto al 2023, per una spesa di oltre 4,8 miliardi di euro (+30% sul 2023). 

L’IA rappresenta la spinta principale di questa crescita, sottolineando ancora una volta come il cloud rappresenti la tecnologia abilitante per l’innovazione. Inoltre, la crescente popolarità del paradigma cloud è alimentata da una serie di vantaggi, tra cui la possibilità di combinare tecnologie on premise e in cloud, la scalabilità delle risorse, la flessibilità infrastrutturale, l’ottimizzazione dei costi IT. Insomma, oggi il cloud è un tassello fondante della Digital Transformation.  

Ma cosa si intende esattamente per hybrid cloud e quando conviene? Di seguito cerchiamo di rispondere a queste domande, esplorando i percorsi di adozione, i benefici ottenibili e i progetti di successo. 

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Cosa si intende con hybrid cloud?

L’hybrid cloud è un sistema architetturale per la costruzione e la gestione degli ambienti IT, che coniuga almeno due soluzioni di cloud privato e/o pubblico, includendo caratteristiche di portabilità, orchestrazione e automazione dei carichi di lavoro. e automazione dei carichi di lavoro. 

Questa definizione ci porta a una seconda domanda: cos’è davvero il private cloud, oggi? In uno stadio iniziale, il termine “cloud privato” coincideva con il concetto di “on premise”, per cui le risorse informative vengono erogate direttamente dal data center aziendale in locale. Oggi invece si considera più ampiamente anche la formula del Virtual & Hosted Private Cloud: gli asset vengono erogati in modalità remota dal fornitore, che riserva all’azienda una porzione dedicata delle proprie infrastrutture. 

Sotto il cappello di “cloud pubblico” rientrano invece le soluzioni infrastrutturali e applicative distribuite dal provider, tramite data center di proprietà, come servizio condiviso da più utenti e accessibile tramite Internet. Il cloud pubblico è appannaggio soprattutto di colossi multinazionali come Amazon Web Services (AWS), Microsoft Azure, Google Cloud Platform e Alibaba Cloud. 

L’opzione private si rivela più efficace per le aziende che hanno la necessità di tutelare informazioni riservate e procedere alla personalizzazione spinta degli ambienti IT. L’alternativa public restituisce alti livelli di flessibilità e scalabilità delle risorse, rivelandosi particolarmente utile per applicazioni soggette a picchi di domanda improvvisi. 

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L’hybrid cloud ha il merito di combinare tecnologie private e pubbliche, consentendo alle aziende di cogliere le opportunità dei due paradigmi, scegliendo caso per caso, in base alle necessità e alla tipologia di workload. 

hybrid cloud

 

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Quali sono le principali tecnologie per il cloud ibrido?  

Per permettere l’inteconnessione tra ambienti cloud e on premise esiste un ecosistema di tecnologie che consentendo alle aziende di gestire dati, workload in maniera semplice ed efficente. Alcuni esempi sono: 

Kubernetes

Piattaforma di orchestrazione dei container open source per eccellenza, Kubernetes è utilizzata per automatizzare il deployment, la gestione e la scalabilità delle applicazioni containerizzate su cluster di server. Permette di spostare e gestire facilmente le applicazioni su diversi cloud pubblici e privati, garantendo continuità e flessibilità operativa.

Docker

Docker è una piattaforma di containerizzazione che consente agli sviluppatori di creare, distribuire ed eseguire applicazioni in container, rendendole portabili tra diversi ambienti. I container Docker includono tutto il necessario per eseguire un'applicazione, inclusi il codice e le librerie, garantendo consistenza indipendentemente dall’infrastruttura.

OpenShift

OpenShift è una piattaforma di containerization e orchestrazione sviluppata da Red Hat e basata su Kubernetes. Offre un'infrastruttura di gestione completa per applicazioni containerizzate, includendo funzionalità per la gestione del ciclo di vita, l’automazione dei processi e il supporto per le pipeline CI/CD.

VMware vSphere e VMware Tanzu

VMware vSphere è una piattaforma di virtualizzazione utilizzata per creare e gestire macchine virtuali (VM), migliorando l'efficienza delle risorse e la flessibilità operativa dei data center. VMware Tanzu, invece, è una piattaforma Kubernetes-based che offre funzionalità di gestione e orchestrazione dei container, permettendo di distribuire e gestire cluster Kubernetes in ambienti hybrid cloud, integrandosi perfettamente con vSphere.

Ansible

Ansible è uno strumento di automazione che facilita la configurazione e l’orchestrazione dei servizi in ambienti hybrid cloud. Tramite script noti come playbook, Ansible consente di automatizzare operazioni come il deployment di applicazioni, la configurazione dei sistemi e la gestione delle policy di sicurezza.

Come funziona l’hybrid cloud

Scendendo nel dettaglio tecnico, il cloud ibrido si presenta come un ecosistema informativo che collega e coordina due o più cloud indipendenti, presentando alcune caratteristiche fondamentali: 

  • le connessioni di rete (LAN, WAN o VPN) che permettono la comunicazione e lo scambio dati tra le risorse geograficamente distribuite; 
  • l’integrazione e l’interoperabilità delle applicazioni, ad esempio tramite l’utilizzo di API; 
  • strumenti di orchestrazione centralizzata, che permettono l’allocazione dinamica e su richiesta delle componenti infrastrutturali e applicative; 
  • il ricorso a tecnologie di virtualizzazione delle infrastrutture e containerizzazione delle applicazioni, che permettono una migliore gestione e portabilità degli asset.

Se inizialmente l’hybrid cloud era il risultato di una necessità, ovvero garantire l’integrazione e la comunicazione tra il data center on premise aziendale e i nuovi servizi cloud acquistati all’occorrenza, oggi rappresenta una precisa scelta strategica da parte di moltissime organizzazioni.

Di conseguenza, cambiano anche le modalità per la costruzione degli ambienti ibridi. Le risorse private e pubbliche venivano interfacciate tramite soluzioni middleware e collegamenti in modalità remota su una rete privata virtuale. Tuttavia, per assicurare l’interoperabilità degli asset, nonché la movimentazione delle tecnologie e delle informazioni da un cloud all’altro, si richiedevano software di integrazione molto complessi e servizi VPN specifici, forniti dagli stessi public cloud provider all’interno dell’abbonamento. 

Attualmente sono le architetture applicative moderne a rappresentare lo strumento principe di integrazione e la garanzia di portabilità. I team di sviluppo infatti adottano tecnologie come microservizi e container che rendono le soluzioni software più “leggere” da spostare e compatibili con qualsiasi infrastruttura.

L’architettura a microservizi, infatti, permette di progettare le applicazioni come un insieme di unità funzionali indipendenti, che possono essere modificate, richiamate e distribuite singolarmente. La containerizzazione invece inserisce le applicazioni o i microservizi all’interno di istanze virtuali dello spazio utente (container), che vengono trasferite da un cloud all’altro. Dentro al pacchetto, che fornisce un ambiente di esecuzione completo, i software girano senza dipendere dall’hardware (e quindi dal cloud) sottostante.  

Le nuove tecniche di progettazione, tuttavia, rendono il parco applicativo più frammentato e complesso da governare: ecco quindi che tra gli elementi cardine per la costruzione dei nuovi ambienti IT ibridi rientrano le soluzioni di orchestrazione come Kubernetes che permettono di ottimizzare e automatizzare la gestione dei container. 

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I vantaggi che si ottengono dall’hybrid cloud

Dopo gli opportuni chiarimenti tecnici, rimangono da esplorare i benefici e le opportunità derivanti dal cloud ibrido. Il principale vantaggio a cui aspirare è la flessibilità dei sistemi informativi aziendali, con la possibilità di scegliere di volta in volta le soluzioni ottimali (in termini di prestazioni, costi e sicurezza) per la realizzazione dei progetti IT. Il mercato oggi mette a disposizione una miriade di funzionalità applicative e servizi già pronti da cui attingere che, se correttamente combinati, permettono di costruire rapidamente soluzioni su misura, perfettamente aderenti ai requisiti aziendali.

La varietà dei fornitori e delle proposte tecnologiche permette inoltre di ottimizzare le spese: per ogni iniziativa e carico di lavoro, l’azienda sarà libera di scegliere tra soluzioni on premise oppure su cloud pubblico o privato, cercando la massima convenienza economica.

Distribuire l’ambiente IT su più cloud offre dei vantaggi anche in termini di continuità operativa, poiché si può contare sulla disponibilità dei sistemi e dei servizi erogati da diversi fornitori. A questo si aggiunge anche il minor rischio di lock-in, poiché differenziando i provider si elimina la dipendenza tecnologica da un’unica società e si acquista un maggiore potere negoziale.

L’hybrid cloud infine permette di giostrarsi al meglio anche in merito alla sicurezza delle informazioni e dei processi. Per il trattamento di alcune tipologie di dati, particolarmente sensibili e soggette a vincoli più rigidi di compliance normativa, oppure per l’esecuzione di applicazioni considerate business critical, diventa preferibile la gestione all’interno di cloud privati. Per la gestione di carichi di lavoro di minore valore e rischio può convenire invece il ricorso a servizi di public cloud. 

Quando e come usare l’hybrid cloud

Alla luce dei vantaggi sopra citati, l’hybrid cloud si rivela l’alternativa vincente per la maggioranza delle organizzazioni perché permette di cogliere i vantaggi di entrambe le tipologie di cloud, pubblico e privato.

Nell’era della digitalizzazione, la competitività aziendale si gioca sull’efficienza e sull’efficacia delle infrastrutture IT a supporto. Le imprese hanno bisogno di sviluppare ed erogare velocemente servizi digitali a valore, garantendo una disponibilità senza interruzioni e tagliando sulle spese.

Da un lato, il cloud pubblico permette di implementare e scalare rapidamente le risorse secondo necessità, delegare al fornitore gli oneri di gestione e manutenzione del parco IT, scegliere il servizio ottimale dall’immenso portafoglio di tecnologie proposte sul mercato. Dall’altro lato, il cloud privato consente di adempiere anche alle più stringenti normative in termini di tutela e privacy dei dati sensibili, ottemperando alla legislazione nazionale, internazionale e di settore. Inoltre, permette una maggiore personalizzazione delle soluzioni tecnologiche e dei livelli di sicurezza, garantendo solidità e robustezza.

L’hybrid cloud, insomma, amplia il ventaglio delle possibilità sul piano delle architetture e della gestione IT, ma richiede una strategia lungimirante alla base e competenze specializzate. Partendo da un’analisi dell’infrastruttura esistente, serve la capacità di valutare quale tipologia di cloud, offerta e fornitore meglio si adatta alle esigenze aziendali e al carico di lavoro specifico, selezionando le proposte più adatte.

Bisogna essere in grado di pianificare un percorso di cloud transformation, ovvero di di trasformazione infrastrutturale e applicativa personalizzato e sul lungo periodo, intercettando le tendenze tecnologiche emergenti. Sono necessarie conoscenze approfondite sulle tecniche moderne e sui nuovi strumenti di sviluppo software, nonché la volontà da parte dei Sistemi Informativi di effettuare un cambio di passo, assumendo un ruolo di orchestrazione e ponendo l’accento sugli aspetti della governance. Affidarsi a un servizio di cloud migration da parte di un partner esperto sui temi dell’hybrid cloud può rivelarsi l’opzione vincente, perché permette di guidare l’azienda verso le scelte corrette in virtù dei progetti pregressi e del know-how maturato. 

Anche la scelta del provider è fondamentale per la buona riuscita delle iniziative e delle strategie di hybrid cloud. Ad esempio, Amazon Web Services offre dei pacchetti di soluzioni che consentono di costruire il proprio ambiente ibrido, che includono risorse hardware, API, strumenti di gestione e migrazione. AWS permette così di semplificare e accelerare i progetti per ampliare il data center aziendale nel cloud, implementare applicazioni di edge computing, sfruttare servizi cloud per l’amministrazione delle risorse in locale. Anche Google sta investendo nell’hybrid cloud come si evince dal lancio di Anthos, una piattaforma che permette di creare, ottimizzare e distribuire rapidamente le applicazioni moderne o legacy all’interno di ambienti pubblici e privati, sfruttando le potenzialità dei container e di Kubernetes. 

Cloud Ibrido vs multi-cloud: qual è la differenza?

Il cloud ibrido e il multi-cloud non sono la stessa cosa, nonostante spesso i termini siano usati come sinonimi. Il cloud ibrido combina diversi cloud pubblici e privati che collaborano per condividere dati e processi per svolgere la stessa attività. Al contrario, il multi-cloud si avvale di servizi offerti da più cloud pubblici per eseguire varie attività, senza considerare la loro localizzazione. Le aziende, per evitare la dipendenza da un singolo fornitore, possono optare per utilizzare risorse da vari provider per sfruttare al meglio i vantaggi di ciascun servizio. 

Un sistema basato su cloud ibrido può anche rientrare nella categoria multi-cloud se integra risorse da un cloud privato e almeno due fornitori di cloud pubblico. In sintesi, mentre tutte le configurazioni multi-cloud possono includere elementi di cloud ibridi, non tutti i cloud ibridi si qualificano automaticamente come multi-cloud.

La scelta tra cloud ibrido e multi-cloud dipende dalle specifiche esigenze aziendali. Il cloud ibrido è ideale per aziende che necessitano di una governance efficace delle applicazioni, miglioramento della privacy, e vogliono integrare tecnologie moderne come il machine learning e l'AI senza espandere l'infrastruttura esistente, ottimizzando il ROI. D'altra parte, il multi-cloud è più adatto per aziende che operano in un contesto digitale globale e necessitano di massima disponibilità delle applicazioni, flessibilità nella scelta dei provider per mantenere competitività, e miglioramento dei tempi di risposta per utenti geograficamente distanti. Pertanto, l'approccio giusto dipende dalla necessità di bilanciare privacy, flessibilità, innovazione e disponibilità globale. 

Esempi e casi di aziende che hanno scelto l’hybrid cloud

Che si parli di multi cloud o di cloud ibrido, possiamo dire che il mercato dell’offerta è oramai maturo: sempre più aziende hanno già scelto l’alternativa dell’hybrid cloud per la gestione degli ecosistemi IT, traendone vantaggio. 

Passando in rassegna alcuni esempi, Johnson & Johnson ha implementato un'architettura ottimizzata che permette di connettere i data center locali alle risorse in cloud di AWS; Coca-Cola European Partners (CCEP) si è rivolta a Ibm per portare in cloud alcuni carichi di lavoro mission-critical, andando a costruire un ambiente ibrido; PayPal ha costruito un ecosistema multi cloud, riunendo soluzioni private e pubbliche di diversi fornitori, tra cui Google Cloud.

Non mancano i casi di successo nazionali. Due esempi sono la multinazionale chimico-farmaceutica Zambon e la società Caleffi Hydronic Solutions, specializzata nella produzione di componentistica per impianti di riscaldamento, condizionamento e idrosanitari. Entrambi i progetti hanno visto la combinazione dei servizi cloud offerti da Google Cloud Platform e Alibaba Cloud per gestire le applicazioni e i siti web aziendali rispettivamente in Occidente e in Oriente, uniformando i processi e centralizzando la governance.

Concludendo, la possibilità di scelta e la flessibilità sono criteri che sempre più in futuro guideranno le aziende verso l’hybrid cloud: l’importante è partire con il piede giusto, potendo contare su competenza specializzate e il supporto di un partner fidato.

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