Spesso sentiamo affiancare la parola “sostenibilità” alla parola “digitalizzazione”. In effetti il digitale in molti casi fornisce soluzioni per modernizzare e rendere più sostenibili ed ecologici interi settori. Ma il settore digitale in sé è sostenibile dal punto di vista ambientale? Non proprio. Ecco perché abbiamo bisogno del Green Cloud Computing.
È un fenomeno dal sapore paradossale, che gli esperti chiamano "paradosso di Jevons", dal nome dell'economista che ha studiato le efficienze di mercato e il modo con il quale scalano. Quando una tecnologia diventa molto efficiente si diffonde in maniera esponenziale finendo per diventare più inquinante di quelle precedenti.
Così, il processo di digitalizzazione di interi settori economici e la diffusione del Cloud Computing pongono fortissimi problemi di sostenibilità. I consumi energetici dovuti al Cloud, e più in generale ad Internet, sono in costante crescita e potrebbero presto trasformarsi in una delle principali fonti di CO2.
Per essere più concreti, se non si trova il modo di aumentare l'efficienza dei data center, il settore potrebbe utilizzare fino al 20% di tutta l'elettricità consumata. Arrivare così ad essere responsabile del 5,5% delle emissioni di carbonio del mondo entro il 2025.
Che cos’è il Green Cloud Computing?
Il Green Cloud è la risposta a questo problema. Si tratta dell'insieme delle strategie che i fornitori di servizi Cloud mettono in campo per raggiungere gli obiettivi di efficienza. Tali obiettivi vengono imposti normativamente (l'Unione Europea ha un ruolo centrale in questo, come vedremo fra un attimo) e richiesti dai clienti. Infatti, anche le aziende che sfruttano i servizi di Cloud Computing stanno esercitando una pressione crescente per ottenere maggiori efficienze e rispondere alle richieste dei propri stakeholder.
La dimensione del problema
Il fatto che i data center abbiano un impatto ambientale significativo è noto da anni. Il dato sorprendente è la velocità con la quale questo impatto sta costantemente crescendo.
Nel rapporto del 2020 stilato dalla Commissione Europea emergono alcuni numeri interessanti (e allarmanti per certi versi), vediamoli di seguito.
- Nel 2018 il consumo energetico dei data center nei paesi dell’Unione Europea è stato pari a 76,8 TeraWatt/ora, di cui poco più della metà per i centri di Cloud Computing. La stima è che nel 2030 potrebbe crescere del 28% arrivando a 98,52 TWh, con una quota ancora maggiore per chi eroga servizi Cloud.
- I centri di calcolo dei paesi dell’UE nel 2018 rappresentavano 2,7% della domanda totale di elettricità. Se manterranno la stessa traiettoria nel 2030 raggiungeranno il 3,21%.
- A pesare sulla richiesta energetica vi è anche la crescita dell'edge computing, causata dalla diffusione della digitalizzazione e della necessità associata di acquisire, trasferire ed elaborare sempre più dati. Nel 2018 gli edge data center rappresentavano il 2% dell'energia utilizzata da tutti i centri di calcolo. Questa quota entro il 2025 dovrebbe salire al 12% secondo le stime.
- I data center sono cresciuti di sedici volte in meno di dieci anni (attualmente sono otto milioni) e ogni anno raddoppia il loro consumo energetico. Greenpeace riteneva già nel 2017 che il 7% del fabbisogno energetico mondiale fosse consumato dai data center.
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Unione Europea e Green Cloud
L'Unione europea - che mira all'obiettivo della "climate neutrality" entro il 2050 - è forse l'area geopolitica che più si è resa conto dei rischi ambientali del Cloud e in generale di Internet.
Per arginare il problema la Commissione Europea promuove lo sviluppo di tecnologie e strategie per ridurre il consumo energetico del Cloud Computing. L'obiettivo finale è la creazione di un mercato Cloud eco-friendly.
L'approccio della Commissione comprende un mix di strumenti normativi in parte già esistenti e in parte nuovi. L’obiettivo è migliorare l'efficacia energetica e la resa dell'economia circolare nel settore dell’Information Technology, definendo quali sono i termini e le metodologie per ridurre il consumo.
Tra le norme già esistenti, ci sono la regolamentazione dell'ecodesign di server e prodotti per l'archiviazione dei dati, il Codice di condotta europea sull'efficienza energetica dei Data Centre e infine i criteri per il procurement "green" degli enti pubblici europei per quanto riguarda i centri di calcolo, le sale server e i servizi Cloud.
Inoltre, la Commissione sta studiando una proposta di Direttiva per l'efficienza energetica (che dovrebbe aumentare l'efficienza dei data center e la loro sostenibilità tramite un costante monitoraggio). Esiste anche il Regolamento per la tipologia degli investimenti sostenibili (già approvato nel 2021). Non mancano poi una serie di programmi di finanziamento, tra cui Horizon Europe, Connecting Europe Facility 2, il programma Digital Europe, InvestEU e Recovery and Resilience Facility, quest'ultimo tocca anche i temi dell'innovazione e della sicurezza informatica.
Infine, la Commissione sta lavorando per creare una serie di criteri, metodologie e definizioni universalmente accettate per valutare l'efficienza energetica, la neutralità climatica e la sostenibilità complessiva dei data center.
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Come funziona il Green Cloud Computing
Che cos’è un green data center in pratica?
L'efficienza energetica tocca vari aspetti di questi ambienti sempre più complessi e sofisticati. Un centro di calcolo per il Cloud Computing Green utilizza più strategie complementari tra loro per migliorare l’impatto ambientale. Vediamo le principali.
ENERGIE RINNOVABILI
Innanzitutto, la fornitura di energia deve essere di tipo rinnovabile. Ad esempio attraverso contratti di fornitura con provider che utilizzano energia solare o eolica. O almeno tramite l'acquisto di crediti energetici che permettono di ottenere le certificazioni per l'uso di energie rinnovabili al 100%.
EFFICIENZA DI RAFFREDDAMENTO
L'ambiente dove ha sede il data center deve essere ristrutturato o progettato da zero per essere più efficiente. In particolare, per quanto riguarda il raffreddamento, cioè la parte consuma circa il 50% dell'energia richiesta dal data center.
Una politica diffusa è spostare i centri di calcolo verso il nord Europa, in aree con un clima più freddo. In alternativa sottoterra o addirittura sott'acqua, in container sigillati che permettano uno scambio di calore con l'ambiente circostante. In altri casi vengono utilizzati sistemi di dispersione del calore ingegnosi, che riscaldano gli edifici circostanti, oppure si fa ricorso all'intelligenza artificiale per ottimizzare i sistemi di raffreddamento.
DISPOSITIVI E STRATEGIE A BASSO CONSUMO
Sia il software che l'hardware giocano un ruolo importante: processori, memorie e apparati di rete devono essere a basso consumo. Un’altra strategia è l'uso della virtualizzazione e di architetture di software-defined infrastructure (SDI), per consolidare più server meno efficienti in pochi nuclei di calcolo e sistemi di storage più grandi e più efficienti.
OTTIMIZZAZIONE DEI SOFTWARE
Infine, è necessario mettere in atto strategie per l'ottimizzazione del software. Lo si fa, ad esempio, migliorando i flussi di lavoro, la gestione delle cache, del traffico di rete interna al data center e ottimizzando l’archiviazione dei dati. Ma sono solo esempi, esistono moltissime strategie che possono essere messe in campo per ridurre il consumo dei server, degli apparati di rete e delle unità di storage.
Soluzioni dei big per il Green Cloud
Sono nate molte associazioni di settore per cercare soluzioni di efficienza energetica con l'obiettivo di minimizzare l'impatto ambientale. Ne è un esempio la Green Storage Initiative, per quanto riguarda gli apparati di data storage.
I grandi, come Amazon AWS, Azure di Microsoft e Google Cloud hanno creato delle strategie e degli strumenti per mostrare il loro "lato verde". Un esempio è il Customer Carbon Footprint Tool di AWS. Questo permette ai clienti di tracciare, misurare e persino prevedere le emissioni generate dal loro uso delle risorse Cloud di AWS.
Microsoft dal canto suo ha creato una Emissions Impact Dashboard. Permette di calcolare l'impatto materiale nell'uso delle risorse informatiche per tutta la filiera tecnologica: dai materiali usati nella produzione degli apparati digitali alla loro movimentazione e logistica, uso, consumi, fine vita e smaltimento.
In entrambi i casi quello che i colossi del tech hanno cercato di fare è rendere misurabili le informazioni sull'impatto ambientale delle proprie risorse di Cloud Computing. Questo permette ai loro clienti di inserire i dati nei loro rapporti sulla sostenibilità e definire degli obiettivi futuri per il Green Cloud Computing.
Google Cloud fa anche qualcosa di più, grazie a una mappa delle risorse informatiche disponibili con delle icone che rappresentano quali hanno l'impatto più basso. Secondo Google nella metà dei casi viene scelto di spostare i carichi di lavoro sui nodi con un impatto minore. Google fornisce poi una serie molto ampia di metriche a grana fine attraverso tutta la sua infrastruttura Cloud, per fornire i dati necessari alla reportistica.
Infine, Google ha creato uno strumento automatico che usa il machine learning per identificare codice in esecuzione su un server di Google che potrebbe essere inutilizzato o abbandonato. Il codice e le applicazioni non utilizzati rappresentano una quota significativa di emissioni di carbonio extra. Possono essere eliminate facilmente se i clienti si rendono conto della loro esistenza.
Il ruolo dell’open source
L'open source è molto più che una semplice metodologia di sviluppo software. È infatti una serie di principi (trasparenza, collaborazione, rilasci frequenti, meritocrazia inclusiva e senso di comunità) che possono giocare un ruolo molto importante per il Green Computing.
La prima ragione la fornisce Steven Chu, l'attuale Segretario all'Energia degli Stati Uniti. Secondo Chu usare il software open source permette di ridurre il riscaldamento globale perché accelera una componente fondamentale: la cooperazione globale. Senza dover contrattare le proprietà intellettuali e creare nuovi standard alternativi, diventa molto più facile e veloce lo sviluppo e l'integrazione cooperativi delle soluzioni a livello planetario. Un esempio è quello degli standard aperti, che consentono l'integrazione e il controllo di moltissimi prodotti industriali, sono così energy efficient e riducono le emissioni.
Quindi, l'open source è anche un esempio per ripensare il modo con il quale le industrie lavorano. Collaborazione e tecnologia sostenibile permettono di considerare l'uso del Cloud Computing come una risorsa preziosa da gestire in modo aperto e inclusivo.
Inoltre, la crescente diffusione del software open source nel mondo delle imprese e delle industrie è accompagnata da uno sforzo costante da parte delle fondazioni come la Cloud Native Computing Foundation per stabilire delle linee guida sullo sviluppo di software e infrastrutture ecologicamente sostenibili.
In definitiva, ripensare la tecnologia e soprattutto l'informatica può aiutare a ridurre l'impatto ambientale, e il ruolo dell'open source in tutto questo è centrale.
In sintesi
Per concludere, oggi la digitalizzazione e il Cloud computing rappresentano innegabilmente un’opportunità per le organizzazioni (e in alcuni casi l’unica via possibile per evolvere e continuare ad esistere). Tuttavia, è importante tenere alto il livello di consapevolezza sui risvolti meno evidenti del Cloud Computing, come quello ambientale.
Come abbiamo visto, nel percorso verso il Green Cloud Computing anche le organizzazioni giocano un ruolo. Ad esempio possono contribuire alla riduzione dei consumi energetici attraverso la scelta di software open source, l'ottimizzazione e la modernizzazione delle proprie applicazioni e attraverso l’uso efficiente e responsabile dei Cloud service.
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